A cura di Laura Dominijanni
E’ ora di pranzo e fa discretamente caldo quando comincio la mia avventura in piazza Gimma a Roma, insieme a due colleghe, sotto uno spazioso e accogliente gazebo: i passanti curiosi sono inizialmente pochi e per un po’, complice anche la postazione leggermente decentrata rispetto al passeggio della strada principale, fatichiamo a intercettarli. Del resto la nostra identità di psicologi non è facilmente riconoscibile a colpo d’occhio (qualcuno ha temuto si trattasse di politica o di marketing…), né ci si aspetta di vedere un professionista per strada, “in borghese”! Lo sapevamo bene ed è proprio per questo che l’Ordine degli Psicologi del Lazio , mettendo in discussione lo stereotipo dello strizzacervelli chiuso nella propria stanza d’analisi, ha deciso di “stare fuori” – come recita uno slogan dell’iniziativa – “fuori dagli schemi, fuori dagli studi, fuori nelle piazze”, per incontrare la cittadinanza in uno spazio decisamente non convenzionale.
Il modo in cui si è evoluta la giornata sembra premiare questa intuizione: il sospetto ha lasciato gradualmente posto alla curiosità, il passaparola ha fatto avvicinare diverse persone, desiderose di lasciare un segno, di partecipare. E’ stato piacevole osservare l’ “effetto-contagio” che solo la dimensione della piazza e del quartiere possono innescare in modo così vitale!
Un cartellone dal titolo “Desidera, progetta, realizza” era lì ad accogliere foto e frasi dei partecipanti: guardarlo e chiedersi in quale delle tre aree e fasi ci si collocherebbe al momento, ha suscitato diverse reazioni, sollecitato suggestioni, sollevato questioni “filosofico-esistenziali”… Qualcuno si è fatto prendere dalla nostalgia per la giovinezza passata, per una dimensione del desiderare che si sente fortemente ancorata a quella temporale: “oramai io non sto più nella fase del desiderare, a quest’età devo realizzare!”. Eppure, le tre aree del desiderare, progettare e realizzare sono fasi interconnesse di un processo sempre attivabile e importante fonte di vitalità, a prescindere dall’età anagrafica e dal contesto cui si può riferire (lavorativo, familiare, sociale, etc.). Questa riflessione è stata spesso proposta come feedback ai partecipanti, in uno scambio che ho sentito davvero stimolante.
A proposito di scambio, mi sembra interessante notare che la piazza e le attività del gazebo hanno preso vita quando (metaforicamente, e non solo) le tre generazioni si sono incontrate: gli anziani seduti nelle panchine sono stati rivitalizzati dall’arrivo dei bimbi usciti da scuola e accompagnati dai genitori. La curiosità dei più piccoli (specie per le foto) ha fatto avvicinare anche i più grandi, agendo da catalizzatore!
Ecco allora che un signore, per esempio, mi ha parlato della sua preoccupazione di nonno per il nipotino di 5 anni, un bambino le cui difficoltà (pare di linguaggio e attenzione) non vengono a suo parere al momento adeguatamente “viste” dalla madre. E allora la domanda a me: come far nascere una richiesta d’aiuto? Chi e come può attivarsi in questo caso? La frase lasciata come segno del proprio passaggio, a didascalia della foto attaccata sul cartellone, mi ha molto colpita: “Aiutateci ad entrare in contatto con voi!”. Credo che questo signore abbia esplicitato una richiesta presente – a volte in modo non del tutto consapevole -in molte persone, e che gli psicologi non possono eludere. Scendere in piazza rappresenta un primo passo proprio in questa direzione: incontrarsi per scambiarsi idee, raccogliere bisogni e desideri inespressi, far conoscere meglio la figura dello psicologo e i diversi contesti in cui può operare, al di fuori dello studio privato o dell’ambulatorio. In altre parole, non occorre essere “matti” per incontrare uno psicologo, al contempo risorsa e attivatore di risorse, nello sport, a scuola, in azienda, nella formazione, etc.
E tu, che ne pensi? Hai mai incontrato uno psicologo che “stava fuori”?! Raccontacelo!