A casa della psicologa - Festival Psicologia 2016
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A casa della psicologa

Postato da Giuseppe Gioseffi on aprile 14, 2016
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A cura di Pamela Caprioli

Luogo: Casa della psicologa – Roma
h. 6 – La mattina di una psicologa del nuovo millennio:

Sveglia che suona senza tregua, caffè e biscotti sul tavolo, gatto che, sbirciando da un solo occhio, controlla cosa lo ha svegliato e, guardandomi, si riaddormenta pensando: “questa sta fuori”. E’ tardi, non posso fermarmi a spiegare al gatto le mie motivazioni. Glielo lascio credere per un po’.

Luogo: Una piazza – Roma
h. 8 – La premessa ai lavori di una psicologa del nuovo millennio:
Arrivo nel luogo di lavoro, una bella piazza al centro di Roma, tanta storia intorno a me e tanta gente che inizia la sua giornata. Incontro altre due mie colleghe e iniziamo a organizzare il materiale nel gazebo. Niente lettini, niente taccuino-prendi-appunti, niente occhialetti appoggiati sulla punta del naso. Intorno a noi solo evidenziatori, cartelloni, pecette per attaccare i cartelloni, post-it e, dulcis in fundo, una Polaroid!

Una piazza? Una psicologa? Ma soprattutto una Polaroid? Siamo sicuri di quello che leggiamo o la psicologa “sta fuori”? No, no, non sta fuori…vabbè forse un po’ fuori sta in effetti. La prima edizione del Festival della Psicologia si chiama proprio “Stiamo Fuori”, nelle piazze, tra la gente, per la strada, per inaugurare una psicologia del nuovo millennio, più social, che va incontro alle persone per far conoscere la psicologia nelle sue mille sfaccettature. Per fare in modo che tutto questo avvenga, abbiamo pensato a giochi di ruolo (ecco spiegata la Polaroid!) che stimoleranno la riflessione e lo scambio di pensieri e di idee.

Luogo: una piazza, un gazebo e tre psicologhe – Roma
9/14 – Il lavoro di una psicologa del nuovo millennio:
La piazza inizia a riempirsi di vita, di quotidianità. Le psicologhe iniziano a fare il loro lavoro, proviamo a informare e a proporre esperienze e scambi comunicativi. Come reagisce la gente?

Cos’è la psicologia? Chi è lo psicologo? Cosa fa? In che ambiti lavora?
“Perché è lui che viene da me e non io da lui? Cosa vogliono da me? Una persona viene per informarmi e rispondere a dei miei dubbi, dei miei bisogni? Ma se non ho fatto nessuna domanda forse allora mi vogliono fregare…che vogliono? Voti? Firme? Soldi? Di sicuro vogliono soldi!”

Ho osservato le reazioni più diverse e ho adattato il mio approccio a chi mi ritrovavo di fronte. Ma non è forse proprio questo che fa lo psicologo nel suo lavoro? Senza perdere la sua individualità, entra in relazione con chi gli sta di fronte ed entrambi adattano le loro individualità a favore di un incontro tra due persone diverse, diventando altro.

Luogo: Stradine e viuzze – Roma
h. 17 – Riflessioni di una psicologa del nuovo millennio:
La mia testa è piena di gente e di pensieri. Cerco di farmi chiarezza organizzandoli. Tipi di passanti, ipotesi sulle reazioni e conseguente approccio da psicologa del nuovo millennio:

C’è chi da lontano, lontano, controlla la situazione, stringe gli occhi a fessura per leggere cosa c’è scritto sul cartellone. Prima di avvicinarsi al nuovo deve capire, deve valutare e avere tutto sotto controllo. Sono curiosi o semplicemente molto ansiosi rispetto a questa novità, un’intrusa nel consueto panorama di passaggio quotidiano. Queste persone fondamentalmente temono la psicologa che va loro incontro. Si sentono predati, braccati, scapperebbero via per paura. Devono prima capire di cosa si tratta e poi forse, una volta acquistata fiducia, possono avvicinarsi, spinti dalla curiosità. Bisogna lasciar spazio al loro bisogno di crearsi una domanda e poterla portare.

Comunicazione possibile ma graduale.

C’è chi ha notato una nuova situazione, ha buttato un occhio di sfuggita tra un passo frettoloso e un altro, ha letto qualche parola chiave e crede di essersi fatto un’idea della situazione. Anzi non crede; ne è sicuro. Questo tipo di passante non si ferma, non risponde, solitamente ti ignora o dandoti già le spalle e non guardandoti nemmeno negli occhi ti dice che non gli interessa, che non ha tempo e che non gli occorre nulla. E’ un passante sicuro di sé, di quello che gli occorre e soprattutto sicuro di cosa sono e vogliono gli altri. Oppure semplicemente non gli interessa. Non c’è possibilità di contatto comunicativo. Un muro.

 Comunicazione fallita. O forse arrivata ma non elaborata. O forse arrivata e chissà se pensata dopo, con calma calma, in solitudine, magari googlando sul telefonino “Festival Psicologia Roma”.          

Chissà che dopo non ritorni.  

C’è chi passa distratto e non si sofferma, di corsa perché ha fretta ma che se gli vai incontro ti ascolta, ascolta cosa hai da dire, valuta se gli interessa e poi decide il da farsi. A volte si ferma ed entra nel gazebo, collaborativo dà e riceve informazioni. Altre volte invece, dopo aver ascoltato, scappa via, valutando forse la parola “psicologia” come un qualcosa di negativo, un qualcosa da cui fuggire o di cui aver paura.

Comunicazione possibile: diretta, chiara ed essenziale. Hai poco tempo di attenzione e te lo devi giovare bene.

C’è chi invece, deciso, si ferma davanti al gazebo, legge e incuriosito si informa, fa domande. Questo è il passante ideale con cui comunicare, fa tutto lui e tu stai lì solo ad accogliere e rispondere.

Ottima comunicazione. Devi solo esser chiaro.

Luogo: Casa della psicologa – Roma
h. 20 – Il fine giornata della psicologa del nuovo millennio:
Dopo aver spiegato e raccontato la giornata al mio gatto, il quale, temo con il solo fine di avere in cambio una scatoletta, mi ha ascoltato pazientemente, mi sono fermata a riflettere tra me e la psicologa del nuovo millennio. Che obiettivo mi ero posta? Ero riuscita a raggiungerlo? Ero sicura di essere riuscita ad accogliere e ad arrivare a dei giovani interessati, a degli studenti delle superiori o universitari, a mamme con bambini, a insegnanti e a volte anche turisti? Roma è fatta anche di questo. Di turisti curiosi ben disponibili ad offrirti attenzione e cordialità. Certo mi è capitato anche di fermarmi a parlare con persone deluse dagli psicologi, con persone che avevano una loro idea della psicologia, magari divergente dalla mia. Mi sono ritrovata a pensare a come dietro al mestiere dello psicologo ci siano ancora tante idee diverse, create dal sentito dire, dai media o dal senso comune.

Lo conosce lo psicologo? No, ma non ne ho bisogno, faccio da solo.

Il bisogno credo sia stato un concetto fondamentale in questa esperienza. Ho riflettuto su di chi fosse il bisogno. Siamo abituati a pensare, nell’opinione comune, che i bisogni vengano solo dal paziente. Noi psicologi stiamo lì in attesa nel nostro studio fino a quando non suona il campanello e facciamo accomodare il paziente bisognoso. Questo avviene però quando il bisogno è stato pensato ed elaborato dal paziente. Ci si deve arrivare alla consapevolezza di avere un bisogno e soprattutto alla forza di andare a chiedere aiuto perché quel bisogno sia soddisfatto. In questo senso quel signore per strada aveva ragione. Nella concezione classica il paziente fa da solo e arriva a comprendere e dare spazio al suo bisogno. Però in questa giornata io credo che abbiamo fatto qualcosa di diverso. Ci siamo messi in gioco in prima persona e abbiamo ribaltato i piani. Lo psicologo forse ha bisogno di farsi vedere per quello che è e per quello che fa e non per quello che un’immagine stereotipata dice e fa per lui. Ma soprattutto io credo che abbiamo offerto un’occasione di pensare al bisogno. Quel passante che non ha tempo nella vita e che, anche se sbircia interessato il gazebo, pensa che sia tardi per soffermarsi, è proprio quel tipo di persona che probabilmente non lascia lo spazio ai suoi stessi bisogni interni. Lo psicologo nelle piazze, nei punti nevralgici della città, può offrire nuove occasioni di pensiero, nuove opportunità per tutte quelle persone che non hanno avuto la possibilità di far formulare al loro bisogno una domanda.

Luogo: Casa della psicologa – Roma
h. 24 – La tarda notte della giornata della psicologa del nuovo millennio:
Il gatto mi chiama, ha bisogno di dormire ed io pure, e lui lo sa. Mi chiede di spegnere il computer vista l’ora tarda e le quasi venti ore di veglia. Lui non lo farebbe mai e quindi ora ha la conferma: lo psicologo del nuovo millennio “sta veramente fuori”. Glielo lascio credere, penso che forse in fondo abbia proprio ragione lui.

Photo credits: Ella Mullins (https://www.flickr.com/photos/stincodiporco/2113472800/)